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Il Parco e le Statue

Un grande giardino all’inglese ricco di alberi esotici ed autoctoni; un prato verde punteggiato di statue e antichi frammenti architettonici, che guarda le montagne e la pianura. Il parco di Villa Lascaris è un’oasi di bellezza e silenzio.

All’epoca del Marchese Agostino Lascaris il parco della Villa era un grande giardino all’italiana: labirinti di siepi e sentieri che si rincorrevano nei quasi 4000 metri quadrati di superficie, giochi d’acqua nella grande fontana. Alla fine dell’800 l’allora Vescovo di Torino, Monsignor Gastaldi, decise di trasformarlo in un parco in stile inglese, “più atto a far ammirare la natura che non la mano dell’uomo”. 

Grandi alberi, tra i quali un cedro del Libano, un maestoso faggio pendulo, abeti rossi, platani, ippocastani, tigli, olmi e moltre altre specie arricchiscono ora il verde del prato. Coppie di colonne, provenienti dalla sala da ballo del Castello di Pianezza, così come alcuni elementi architettonici sopravvissuti alle numerose ristrutturazioni e spoliazioni, sono sparsi all’interno del parco. Lungo il muro, a occidente, rimane una torre diroccata, ultima testimonianza del castello medievale.

Le statue

Le statue

Muse e Santi; popolani, sirene e divinità affollano il parco e la facciata della Villa, nascoste tra gli alberi oppure inserite nell’architettura dell’edificio ottocentesco. 

Seminascosto tra gli alberi, vicino alla fontana  troviamo Giove nell’atto di scagliare i suoi fulmini.
La fontana di Villa Lascaris, oggi non più funzionante, un tempo veniva alimentata da un complesso sistema di pompe e cisterne, interrate alla fine del 1800 dopo l’annegamento di un bambino, figlio di un membro della servitù. Rimangono visibili sia la vasca originaria, a filo del prato, sia un piccolo complesso scultoreo: due sirene che sorreggono una conchiglia, sovrastate da una figura maschile che regge una piccola botte. 

Vicino alla muraglia che delimita il parco, San Massimo, primo vescovo di Torino, sorveglia la diocesi da lui fondata e condotta tra il 390 e il 420. Accanto alla galleria che porta il suo nome troviamo il busto di Maria Bricca, a ricordo del gesto eroico della giovane pianezzese nel 1706.

Provengono dalla costruzione seicentesca, invece, le statue che adornano le balaustre di Villa Lascaris. 

Apollo, dio del sole, del canto e della poesia sorveglia, sulla balconata che guarda verso sud, le muse: 

  • Urania, che governa le stelle e l’armonia celeste; 
  • Melpomene, che presiede la tragedia e il canto funebre; 
  • Euterpe, che accompagna con il flauto il canto lirico;
  • Talia, che con la maschera della commedia allieta e istruisce;
  • Clio, musa della storia, un libro e uno stilo tra le mani;
  • Calliope, colei che tutela la poesia epica;
  • Polinnia, che ispira i canti eroici;
  • Erato, la musa delle poesie d’amore.

Sull’altro lato della parte più antica di Villa Lascaris la balaustra che guarda verso nord ospita le statue delle Virtù

  • Ercole, simbolo della forza di volontà;
  • la Giustizia;
  • l’Innocenza;
  • Ermes, simbolo dell’eloquenza;
  • la Verità;
  • due statue purtroppo non identificabili.

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